Ho tenuto John Steinbeck chiuso per anni.
L'ho preso al volo una mattina, perché era veloce da leggere in treno e
La luna è tramontata stava giusto in una tasca.
Quando riesci a trovare qualcuno che scrive così – e non è facile – sei
felice, e sai che durerà fino all'ultima pagina. È poesia venuta lunga come un romanzo,
così chiara che ci si vede dentro.
Le proporzioni della storia sono minime: un piccolo, pacifico paese viene occupato
dai nazisti. Ma sono nazisti come acquerelli, capitanati da uno che - per esempio - crede
che
la
guerra sia una nebbia che si distende sul cervello e la conquista del
mondo
e le medaglie ciondoloni sul petto non servano a niente, se poi non puoi
voltare le spalle a un uomo senza preoccuparti. Chiaro: gli ordini sono ordini,
però, forse, i
l nuovo grande sistema non è stato inventato
da un genio così grande, forse si può amare la guerra solo senza farla, forse
non si è per niente più coraggiosi o intelligenti di nessuno e, per
quanto dettagliato un piano militare possa essere, non spiegherà mai come si combattono
disfattismo e umore nero. Per ogni nemico fucilato ci
saranno sempre venti nuovi nemici che non rinunceranno a resistere.
Gli
uomini liberi non possono scatenare una guerra ma una volta che questa sia
cominciata possono continuare a combattere nella sconfitta. Gli uomini –
gregge, seguaci di un capo, non possono farlo, ed ecco perché sono sempre gli
uomini – gregge che vincono le battaglie e gli uomini liberi che vincono le
guerre.
Steinbeck nasconde perle del genere nelle trincee scavate nella neve, scrive sulle bombe
che cadono dalla luna, vi fa regali a ogni riga. Cos’è la guerra? Non poter
vivere tranquilli. E un soldato?
Un uomo che può fare la guerra per molte ore al giorno e
soltanto per molti mesi all’anno, e poi vuole tornare a essere uomo.
Il romanzo è del 1942, e non è fra i più famosi o amati di Steinbeck. Però è quello con cui mi sono innamorata io. Se non riuscite a trovarlo - ed è probabile perché è fuori catalogo - potete leggerlo
qui.