lunedì 13 gennaio 2014

Il suo silenzio è un abuso e anche il tuo

Al liceo avevo un professore unto e grasso che non sapeva niente, a togliergli l'antologia da sotto gli occhi lo avresti visto perdersi. Lo chiamavo il maiale, ci scrivevo su dei racconti, e lo odiavo e lo odio come non odio nessuno.
Ci sono molte cose che non gli perdono - ignobili tutte allo stesso modo - una, per esempio, fu escludere dal programma tutte le donne che scrivevano, come se non ce ne fossero. Tre anni, e i Geni erano tutti maschi.
Se cercavi di immedesimarti in ciò che leggevi potevi essere Beatrice, o Laura, o Lucia, e basta, imparare a stare zitta, chinare il capo, ispirarti a Dio. Non ho mai letto così tanti libri sotto il banco come durante le sue ore, mi serviva a vendicarmi del ghetto in cui mi confinava e a colmare le lacune.
Il Maiale aveva il fiato guasto e, sì, era stupido ma non l'ho mai fatto così ingenuo da non riconoscergli la misoginia come una pratica didattica.
Anche questo è stato un modo di imparare, si cava del buono da tutto, io ci ho tirato fuori una biblioteca che sembra un gineceo furioso.

Là in mezzo, nella sua prigione, Emily Dickinson fa il vuoto.
Quando si reclude in casa a scrivere ha trent'anni, ripiega la propria esistenza in una stanza, senza buon senso, senza lettori, senza un soldo di diritti d'autore. Essere qualcuno non è una gloria e lei non sopporta di vivere come gli altri, a voce alta, così disobbedisce a tutte le regole del mondo perché il mondo non le basta.
Legge, anche se suo padre le ha proibito di farlo, mette la rabbia in versi strani, si dissolve nei pronomi, annulla lo spazio e il tempo, crede molto agli atomi e in Dio per niente. Sono terrorizzata - scrive - non vedo mai estranei e a fatica so cosa dico. L'altro giorno ho perso un mondo, qualcuno l'ha trovato? 
I vicini di casa, che non l'hanno mai vista, la chiamano il Mito, e ne parlano come di uno scricciolo spietato vestito di bianco, un'asceta fantasmatica e radicale con un diamante nella testa.
Il suo intento, dietro le tende, è logorare le parole e svuotarle, sganciarle dal senso.
L'unica volta che si decide a chiedere il parere di qualcuno scrive Sig. T.W. Higginson, le mie poesie le sembrano vive?
Le tiene in un cassetto, sotto chiave come polvere da sparo, e vorrebbe bruciarle tutte prima di morire, darla vinta al silenzio completamente. Quando Allen Tate si trova a studiarla, anni dopo, gli sembra così intensa e pericolosa da meritarsi la forca.
In Italia le sue poesie arrivano con la guerra, un soldato americano le tiene in tasca mentre combatte.  

Chi ha provato a leggerla ci ha visto dentro di tutto: una figlia rifiutata, un'amante abbandonata, una vergine sacrificale, una mistica, un'eccentrica, una lesbica, il nume tutelare di Che Guevara.
Ma più di tutto - lei - era il caos, un contratto col delirio, capace di passare a guado il dolore e scrutare il cielo con sospetto, senza mai sentirsi a casa nella vita o accettarne l'invito.

2 commenti :

  1. Chi sono io? Dove vado? Chi seguire?Certo Beatrice è figura secondaria,l'attore è Dante, è lui che deve scoprire, rivelare, narrare. Lei lo guida solamente.Per guidarlo però deve già conoscere.Deve avere la Knosis tanto cara ai greci.
    E Laura? Del suo animo non si parla, la sua intelligenza non si rivela, di coraggio e forza non è dato sapere. Certo è lei che abbandona Petrarca.
    Di Lucia che dire? Cammina tutta la vita, curva sotto il peso di ingiustizie, avversità, dolore. Mai il coraggio della battaglia, della spada che sconfigge e punisce. Però v'è silenzio intorno a lei che rimane ferma,curva e prega.
    Emily DiKinson invece è protagonista. E' lei che scrive, scopre il piacere di affermare se stessa con il coraggio di ribellarsi al padre. Afferma se stessa con il rifiuto. Rifiuto di quel mondo che è denaro, fama, gloria. Si chiude nel silenzio ignorando il rumore dintorno.
    Non condivido tutto questo, non la sua parzialità.
    La ribellione ed il rifiuto sono gesti giovanili di chi vuole con la forza affermare se stesso ed i propri ideali e accetta con cuore impavido lo scontro. Lo scontro che corrode e consuma, toglie tempo a ciò che significa affermare se stessi.
    Vedo in Lucia tanta forza, tanto coraggio.Continuare a camminare ella propria vita,portando oggi un peso, domani un altro, con l'umiltà, che è anche coraggio, di chiedere aiuto, la consapevolezza dei propri limiti,delle proprie debolezze che cercano forza nella preghiera che non è chiusura, ma apertura. Aprire se stessi per essere riempiti di sapori nuovi, di orizzonti nuovi, di una forza rinnovata. Quella forza che sopporta in silenzio, che combatte l'odio e lo dissolve, libera spazio dentro, spazio per costruire un altro mondo "perchè questo non gli basta".

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  2. ...grazie per questa miniera di pensieri preziosi

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