lunedì 17 novembre 2014

Un anno di appunti e di ieri

Due occhi soli non mi bastano e neppure uno magnifico come succede all'oracolo. Vorrei cento, mille, voglio tutti i vostri occhi.

Jack London scriveva di mattina, lo stesso numero di battute ogni giorno, stava al tavolo finché non finiva e pranzava, poi si metteva a leggere.
Wittgenstain scriveva di nascosto, in guerra, ma se è per quello lo faceva anche Cesare.
Alcuni con il proprio vero nome, altri sotto pseudonimo.
Elsa Morante iniziò a scrivere da bambina e già si credeva grande.
Qualcuno copiava, come Petrarca e D'Annunzio.
Montaigne, negli Essais, fa il blogger.
Pensate a come doveva essere Dostoevskij mentre scriveva, pensate a come doveva essere Voltaire. Qualcuno ha scritto le Filippiche, qualcuno le apologie. Kazan scriveva mentre faceva film, Moravia scriveva come un film, in montaggio scarno, riprendeva le immagini dagli angoli. Cervantes scriveva in galera, Niccolò Foscolo in esilio e anche Dante, e prima erano buoni e poi sono diventati cattivi. Fenoglio fu partigiano, perché gli scrittori sono gli unici figli di puttana a cui interessi davvero qualcosa. Così almeno sostiene Vonnegut.
Nelle proprie memorie Louise Bourgeois scrive che l'unica vera arte che ha praticato tutta la vita è stata l'arte di combattere la depressione e la dipendenza emotiva.
Per Calvino gli scrittori dovrebbero essere spietati per giovare davvero agli uomini, per Pavese l'arte vuole un così lungo travaglio e macerazione dello spirito, un tale incessante calvario di tentativi che per lo più falliscono che si potrebbe classificarla fra le attività anti-naturali dell'uomo.

Una volta avevo sedici anni e ho scritto un libro che iniziava così:

Scrivere è dono sacrale infuso a male e si scrive per sé, chi non scrive per sé è un mercante di parole. Perché scrivere non è niente da vendere, scrivere non è parola, scrivere non è scrivere. Scrivere è invisibile, scrivere è sporco, scrivere è al banco di birra in silenzio. Scrivere ha mani vizze, scrivere non sta bene, scrivere è in coma. Scrivere è in un minuto, scrivere è lampo, scrivere non è un bell'affare. Scrivere non sta seduto, scrivere non nasce, scrivere è sotto terra. Scrivere non ha che fare, scrivere incupisce, scrivere è da pazzi. Scrivere è crampi allo stomaco, è crampi alle mani, è blocco mentale alla sorgente. Scrivere non regala niente, scrivere non riempie, scrivere succhia e asciuga e ha la milza dolorante. Scrivere ha la bronchite, scrivere ha un gran mal di testa, scrivere ha una strana vescica. Scrivere non paga l'affitto, scrivere è nudo, scrivere è isterico. Scrivere elemosina, scrivere è una grossa puttana con gli alluci affettati. Scrivere è al ricovero, scrivere è all'ospizio, scrivere è fuori corsia; scrivere è orfano. Scrivere non si sveglia, scrivere russa forte, scrivere non ama. Scrivere ha le serrande, scrivere è cibo scaduto, scrivere se lo mangiano le lucertole. Scrivere è a pezzi, scrivere mente, scrivere è da lasciare stare. Scrivere perde, scrivere non gioca, scrivere è una puntata sbagliata.
I mercanti di parole hanno un gran bell'aspetto e gli zuccheri nel sangue, però.

Penso le stesse cose ancora adesso e mi piace ancora come suonano, anche se oggi non saprei riscriverle.
Quel libro ha tanti anni, questo blog invece ha un anno, oggi.