venerdì 4 marzo 2016

Uno a zero

Un afoso giovedì di maggio studi Lezioni sulla società industriale di Raymond Aron ma non studi veramente e la mattina dell'esame spegni la sveglia e ti riaddormenti.
Non è un gesto premeditato, non è neanche un gesto, è un gesto che non fai, un'assenza di gesto.
Rue Saint-Honoré si riempie di traffico, i negozianti tirano su le serrande e tu non ti muovi né ti muoverai di un centimetro. Non ti alzi, non ti lavi, non ti vesti. Non vai a scrivere su nessun foglio protocollo ciò che sai e ciò che pensi, ciò che bisogna pensare sull'alienazione, sugli operai, sulla modernità e il tempo libero, sui colletti bianchi e l'automazione, su Marx rivale di Tocqueville e Weber nemico di Lukàcs.
Il sole batte alla finestra ma la finestra è chiusa e tu non hai fretta.
Hai venticinque anni, bevi nescafé freddo e non prenderai mai la laurea perché qualcosa in te si è rotto.

Un uomo che dorme di Georges Perec è la storia di uno che resta disteso sul letto, guarda le crepe sul soffitto e scopre, senza sorpresa, che c'è qualcosa che non va in lui e cioè che non sa vivere.
La magnifica marcia è distrutta, non ha più illusione prospettica e mentre tutti vanno avanti lui diserta.
Eviterà le domande, mancherà gli appuntamenti, non aprirà più la porta, non aprirà più la posta.
Pensa a un altro che prima di lui a New York fece lo stesso: Bartleby, lo scrivano che non scriveva di Melville.

Se solo l'appartenenza alla specie umana non fosse accompagnata da quest'insopportabile frastuono, se solo i pochi, ridicoli passi avanti compiuti nel regno animale non si dovessero pagare con questa perpetua indigestione di parole, progetti, grandi partenze! Il prezzo è troppo salato per due pollici opponibili: questo mare di obblighi a non finire.

Durare è l'unica cosa che resta: aspettare, dimenticare; non agire, non lavorare. Azzerare. Proteggersi con un'atarassia apatica: imparare il silenzio, la solitudine, la trasparenza. Perdere tempo, tenersi lontano da ogni progetto: dormire giorni interi, andare al cinema. Lasciare disfarsi i calzini in ammollo. Leggere Le Monde riga per riga - le previsioni del tempo, le quotazioni in borsa - ciondolare. Nessun'agenda, solo un flipper e una cancrena. Che i giorni finiscano e il tempo scorra, che soltanto il sollevarsi della cassa toracica e il battito del cuore testimonino ancora del tuo paziente restare in vita.
Se all'inizio è fatica poi il torpore anestetizza. Vagare per Parigi come in un deserto isterico di ghisa, alla deriva. Sei un paria sonnambulo, un imbecille ectoplasma fantasmatico.
Sei libero come un topo ma ti svegli in preda al panico.
Poi c'è un giorno, dopo tanto, in cui guardi i marciapiedi allagati di Place Clichy e aspetti che spiova.
Non hai imparato niente, tranne che la solitudine non insegna niente. Non sei morto. Non sei impazzito. L'indifferenza non ti ha reso differente. 
Eri solo, tutto qui.

1 commento :

Unknown ha detto...

E io in questo momento (che dura da almeno due anni) che sul luogo di lavoro ho dei problemi,combatto disforicamente tra euforia e depressione, arrivo al sabato e mi trasformo nell'uomo di Perec. La descrizione della sua condizione è quasi perfettamente collimante con la possibile descrizione della mia situazione attuale. Accidenti devo leggere questo libro - sperando però che non sia autoflagellante.